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L’Operazione Squalo Elefante è partita nel 2005 attraverso l'iniziativa dell’Associazione MedSharks e oggi continua in collaborazione con CTS, associazione ambientalista impegnata nella salvaguardia della biodiversità e grazie anche al supporto della Fondazione Principe Alberto II di Monaco ONLUS.

Molte specie di squalo rischiano oggi di scomparire a causa della pesca indiscriminata e dell’azione invasiva dell’uomo sui loro habitat e anche lo squalo elefante rientra nell’elenco delle specie da proteggere, ma nonostante il regime di tutela cui sono sottoposti questi animali, non è raro che cadano vittima di incidenti causati dall’uomo: spesso infatti tagli e cicatrici testimoniano gli scontri con imbarcazioni, eliche o reti da pesca.

La Sardegna rappresenta una tappa importante nelle migrazioni annuali di questi animali e tra il 2005 il 2010 sono stati ben 79 gli avvistamenti di squalo elefante lungo le sue coste e vista la loro presenza in queste acque la ricerca, condotta da uno staff di esperti biologi e divulgatori, si avvale anche della collaborazione dei parchi marini dell’Arcipelago di La Maddalena e dell'Asinara e dell'AMP di Tavolara e della Capitaneria di Porto.

Uno degli obiettivi principali degli studiosi che operano nelle acque sarde è il censimento degli esemplari attraverso la foto identificazione della pinna dorsale, la raccolta di dati attraverso il DNA e il programma di marcatura (Tag&Release). Grazie a queste attività sarà infatti possibile studiare le rotte di questi grandi squali migratori e capire se gli esemplari che vivono nel nord della Sardegna si spostano solo nel bacino del Mediterraneo o se invece provengono anche dall'Oceano Atlantico.