Jeju è un’isola vulcanica 60 miglia al largo della costa meridionale della penisola coreana dove nel corso degli anni si sono succedute migrazioni dalla vicina Cina, dal Giappone, dalla Russia e dalla Corea continentale, qui secoli fa è nata la tradizione delle haenyeo, le donne del mare che oggi rischiano di scomparire. La traduzione letterale del termine suona più o meno «donne subacquee che hanno lasciato casa» e la loro attività si chiama najam: senza nessuno tipo di attrezzatura si tuffano e, trattenendo il respiro per alcuni minuti, raggiungono anche 20 metri di profondità per pescare polipi, ricci, crostacei e alghe.
Ancora fino agli anni ’70 queste donne hanno sostenuto l’economia locale, il mare, infatti, era ricco di risorse e per anni ogni giorno più di 30.000 Haenyo si sono immerse quotidianamente mandando così avanti le loro famiglie al posto degli uomini, giudicati troppo magri per affrontare le gelide acque di questi mari.
Ora però la tradizione secolare delle donne subacquee di Jeju rischia di scomparire: le ultime stanno invecchiando senza che figlie e nipoti raccolgano il testimone di questa attività tanto affascinante quanto dura e oggi poco remunerativa.
Per questo le autorità locali hanno avviato il procedimento per inserire le haenyos nella lista del patrimonio immateriale tutelato dall’UNESCO, oggi infatti il governo centrale di Jeju conta 4881 subacquei attivi, fra cui solo 5 uomini, dei quali bel 80% superano ormai i 60 anni e solo lo 0,1% ha invece meno di 30 anni.
Speriamo quindi che gli sforzi per preservare un'attività così affascinante siano premiati e questa gloriosa tradizione tutto al femminile non scompaia insieme alle ultime testimoni.