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Una delle cause principali del finning è proprio il fatto che il valore delle pinne sul mercato è molto più elevato rispetto a quello della carne stessa e così i pescatori pescano lo squalo e lo spinnano abbandono l’animale ad un’agonia molto dolorosa sul fondo del mare: il posto sull’imbarcazione è riservato a carni più pregiate dalle quali ricavare maggior profitto.

Tra le molte specie che vengono pescate per il finning vi sono verdesche (Prionace glauca), squali mako (Isurus sp.), pesci martello (Sphyrna sp.), longimani (Carcharhinus longimanus), squali grigi (Carcharhinus plumbeus), squali bruni (Carcharhinus obscurus), squali limone (Negaprion brevirostris), spinaroli (Squalus sp.), squali bianchi (Carcharodon carcharias), squali tigre (Galeocerdo cuvier), pesci volpe (Alopias sp.), squali elefante (Cetorhinus maximus) e squali balena (Rhincodon typus). Le pinne ritenute di maggiore valore sono la prima dorsale, le pettorali ed il lobo inferiore della caudale.

A livello globale, fino a 73 milioni di squali vengono uccisi ogni anno per soddisfare la domanda del mercato internazionale e sul mercato europeo ne finiscono quasi il 14% . Il finning è attualmente proibito in Stati Uniti, Canada, Brasile, Australia e Oman mentre l’Italia, secondo i dati Fao, sarebbe il maggiore importatore a livello mondiale di pesce cartilaginei ma fortunatamente il nostro non rientra fra i paesi che praticano il finning.