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Montani e Mader affermano che «la respirazione fornisce al nostro corpo l'ossigeno necessario al metabolismo. Il corpo non ne può immagazzinare che una quantità apprezzabile e se la respirazione si arresta, anche per pochi minuti, sopravviene la morte.
La respirazione non é semplicemente un'operazione meccanica: é un aspetto del fondamentale ritmo corporeo di espansione e contrazione che si manifesta anche nel battito cardiaco, essa è basilare nel nostro contesto energetico». La respirazione diventa quindi l’elemento centrale del nostro essere nel mondo e ancora di più in tutte quelle attività che richiedono un’attenzione particolare alle tecniche respiratorie. Nella subacquea questa attenzione diventa una questione di vita o di morte.

Alcuni studi hanno evidenziato che sub esperti hanno sperimentato almeno una volta nella loro pratica sportiva un attacco di panico

In seguito molti altri studi e speculazioni scientifiche vennero proposte da diversi autori. I temi maggiormente discussi ed affrontati furono:
1. Effetti della profondità e dello stress.
2. Le relazioni tra la narcosi e capacità attentiva.
3. Performance e ambiente subacqueo.
4. Percezione spaziale e adattamento del subacqueo alla distorsione presente sotto la superficie marina.
5. La personalità e atteggiamenti del subacqueo.
6. Valutazione psicoattitudinale degli operatori subacquei.
7. Ansia nel subacqueo e correlazione tra le tecniche di rilassamento e l’immersione.
8. In seguito alcuni studiosi cercarono di studiare, soprattutto in ambito psicodinamico, le caratteristiche psicologiche dei praticanti la subacquea.

Odone e collaboratori imputarono la maggior parte degli incidenti subacquei ad aspetti inconsci presenti nell’attività subacquea.
Nel 1985, Spigolon e Dell’Oro misero poi in correlazione il training autogeno e l’attività subacquea. Il training autogeno è una tecnica di rilassamento usata in ambito clinico nel controllo dello stress, nella gestione delle emozioni e nelle patologie con base psicosomatica. Venne sviluppato negli anni trenta da Johannes Heinrich Schultz, psichiatra tedesco. L’apprendimento di questa tecnica può consentire, infatti, di spezzare il circolo negativo che porta dalla situazione difficile all’attacco di panico.

Esperti come Jennifer Hunt ritengono che l’immersione subacquea favorisca l'emergere di conflitti inconsci e forniscono in questo senso la spiegazione dell’insorgenza del panico e il verificarsi di incidenti subacquei.

Alla sponda opposta, nella mia esperienza di pratica clinica ho potuto anche notare come pazienti che presentavano una sintomatologia da attacchi di panico, utilizzando le tecniche respiratorie proprie dell’attività subacquea, riuscivano a superare far diminuire le crisi d’ansia fuori dall’acqua e nel tempo a utilizzare quelle tecniche respiratorie fino a far si che gli attacchi di panico cessassero.
Ritengo infatti, che la disciplina e le tecniche respiratorie che vengono utilizzate in questo sport permettono a questi pazienti di migliorare lo stile di respirazione e quindi superare gli attacchi di panico.