Salvatore Capodieci in un trattato sulla sindrome di Icaro afferma: «L’immersione subacquea tecnica (o l’apnea profonda) si differenzia da altre discipline sportive rappresentando una pratica con una forte valenza emotiva oltre che un’attività sportiva».
La subacquea:
• è uno sport nel quale si possono raggiungere i traguardi prefissati in pochissimo tempo a differenza di altre attività (come a esempio l’alpinismo) dove occorrono anni di impegno per ottenere risultati importanti;
• il raggiungimento degli obiettivi sottostà alla presenza di stress e di un particolare stato d’animo (apprensione, senso di panico) in maniera più significativa rispetto ad altre discipline sportive;
• i fattori età, sesso e forza fisica sono del tutto relativi se raffrontati con l’importanza che assumono in altri sport;
• l’elemento discriminante che fa sì che un sub possa diventare nel tempo un esperto è la cosiddetta acquaticità. Con questo termine si intende una naturale confidenza che l’essere umano ha per l’acqua fin dalla nascita.
È facile osservare come un bambino di pochi mesi si trovi perfettamente a suo agio nell’acqua da alcuni elementi, come l’assoluta tranquillità e piacevolezza procurata dal trovarsi immerso nell’acqua, lo spontaneo riflesso all’apnea (interruzione volontaria della respirazione) attivato dal semplice contatto dell’acqua sul viso. Il timore che a volte alcuni bambini manifestano con il passare del tempo è spesso il risultato riflesso delle paure degli adulti con cui i bambini si rapportano e, quindi, del mancato mantenimento della primitiva confidenza.
Gli elementi di piacevolezza degli altri sport come la fatica, l’arrivare per primo, la tolleranza al dolore causato dalla tensione muscolare, appartengono solo in parte al subacqueo.
Il sub al contrario, deve stare attento a non fare eccessiva fatica, se avverte dolori muscolari o se si accorge che l’impegno diventa un sacrificio eccessivo deve interrompere la sua attività sportiva.
Il momento più significativo dell’attività subacquea corrisponde, però, al momento in cui viene attraversata quella linea che segna il confine tra l’aria atmosferica e l’acqua, che vuol dire varcare una linea reale, unica, diversa da qualsiasi altro confine di tipo metaforico tra dimensione reale e virtuale o tra somatico e psichico. Confine che segna la separazione tra due mondi: quello terrestre e quello sottomarino.
Le risposte più frequenti che danno i subacquei sulla loro motivazione a questa attività sono: «mi piace il mare, voglio fare un’attività piacevole a contatto con la natura e nello stesso tempo imparare a migliorare la mia capacità di autocontrollo», «mi affascina e mi incuriosisce», «sono incuriosito nell’esplorare un mondo diverso». Un subacqueo tecnico racconta in questo modo la motivazione all’immersione: «Era un momento della vita dove la sofferenza copriva ogni cosa di me, è successo per caso, nella speranza di fermare la mente. Ha funzionato, la prima volta che ho messo la testa sott’acqua la vita è cominciata».